Il Tribunale di Roma, con ordinanza del 13 giugno 2023, RGN 12668/2023 ha posto il quesito alla Corte di Cassazione (ai sensi dell’articolo 363-bis c.p.c.) che l’ha rimessa alla Sezioni unite, in virtù delle “gravi difficoltà interpretative, essendo possibili plurime letture della norma di riferimento“.
Qualora nel corso di un giudizio in materia di locazione per la risoluzione del contratto e la condanna del conduttore al rilascio del bene, il convenuto proponga domanda riconvenzionale (nel caso, per la restituzione dell’importo, maggiorato degli interessi legali, versato a titolo di deposito cauzionale) si dovrà procedere o meno con una nuova mediazione nonostante essa sia già stata fatta (anteriormente alla prima udienza) in relazione alla domanda principale?
Peraltro, si tratta del rinvio pregiudiziale da parte del giudice del merito, una delle principali novità introdotte dal Dlgs 149/2022, la cd. riforma Cartabia del processo civile.
il Tribunale, nel rimettere la questione, evidenzia che non vi sono precedenti del giudice di legittimità sulla specifica questione, ipotizzando cinque diverse soluzioni:
a) ritenere che l’onere di instaurare (nuovamente) il procedimento di mediazione, a seguito della proposizione della domanda riconvenzionale, competa pur sempre all’originario attore/ricorrente, di modo che al relativo inadempimento conseguirebbe l’improcedibilità dell’intero giudizio;
b) porre l’onere di dar corso alla mediazione sulla domanda riconvenzionale (rectius, sull’intera controversia così come rimodulata dall’avvenuta proposizione di tale domanda) su entrambe le parti, con la conseguenza che la relativa omissione darebbe luogo all’improcedibilità della sola domanda riconvenzionale;
c) improcedibilità radicale della domanda riconvenzionale per il sol fatto di non essere stata introdotta dal convenuto già in sede di procedimento di mediazione sulla domanda principale, impedendo, così, anche l’intervento “suppletivo” del giudice;
d) ritenere superfluo l’esperimento del procedimento di mediazione a seguito della proposizione della riconvenzionale, essendo sufficiente quello già svoltosi in ordine alla domanda principale;
e) rinnovazione della mediazione nel solo caso in cui la domanda riconvenzionale del convenuto determini una modificazione della compagine soggettiva del processo, mediante la chiamata in causa, l’intervento volontario o iussu iudicis di altre parti, “portatrici d’interessi diversi e bisogni ulteriori rispetto a quelle originarie”.
In effetti, stessa la Cassazione ha verificato che non si rinvengono pronunce in merito “potendosi individuare soltanto taluni orientamenti in tema di tentativo di conciliazione in materia di controversie agrarie. Del resto, prosegue, la questione presenta “gravi difficoltà interpretative, essendo possibili plurime letture della norma di riferimento, come evidenziato dallo stesso giudice rimettente nell’elencazione delle diverse opzioni ermeneutiche al riguardo seguite dalla giurisprudenza di merito“.
Non solo.
A ben vedere, la questione “è suscettibile di porsi in numerosi giudizi, ossia in tutti quelli oggetto di mediazione ai sensi del d.lgs. n. 28/2010 nei quali sia stata proposta domanda riconvenzionale anch’essa su materia rientrante nel novero di quelle indicate dall’art. 5, comma 1, del citato d.lgs.“.
Ovviamente si fa riferimento alle controversie in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, somministrazione, società di persone e subfornitura.
Si attende, dunque, l’importante pronuncia delle Sezioni Unite.