Con la riforma del Ministro Cartabia l’istituto della mediazione familiare viene molto valorizzato, ponendosi al pari degli altri sistemi alternativi di risoluzione delle controversie in ambito civile e commerciale.
Da questa però la mediazione familiare si differenzia per caratteristiche sue proprie, in ragione della materia su cui è chiamata a disciplinare.
La mediazione familiare è un istituto che ha trovato applicazione dopo l’entrata in vigore della legge n. 54/2006 sull’affido condiviso. È stato disposto infatti che il giudice, se ne ravvisava l’opportunità, poteva rinviare l’adozione dei provvedimenti relativi ai figli con il consenso delle parti nelle cause di separazione e divorzio (art. 155 c.c.) anche per dare la possibilità alle stesse di avvalersi di esperti per tentare una mediazione e risolvere i conflitti esistenti nell’interesse morale e materiale dei minori.
Successivamente il d.lgs. n. 154/2013 ha modificato il suddetto art. 155 c.c. rinviando, per quanto riguarda i provvedimenti dei figli in caso di separazione dei coniugi, alle disposizioni contenute nel Capo II del titolo IX del Codice civile, dedicato nello specifico all’ “Esercizio della responsabilità genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio ovvero all’esito di procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio”.
Il nuovo art. 337 ter c.c., in cui è stato trasfuso, con modifiche, il contenuto del vecchio art. 155, non tratta la mediazione, che invece viene regolata con l’art. 337 octies c.c. con una disposizione che, nei fatti, riprende il contenuto dell’art. 155 c.c. Infatti, tale norma dispone in particolare che, se il giudice ne ravvisa l’opportunità, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, ha la possibilità di rinviare l’adozione dei provvedimenti relativi ai figli per dare la possibilità ai coniugi di ricorrere all’aiuto di esperti e tentare una mediazione al fine di raggiungere un accordo finalizzato alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli.
Dunque, con la riforma Cartabia si valorizzano gli accordi in sede di mediazione familiare che i genitori raggiungono in relazione alla gestione e al mantenimento dei figli. Con l’art. 337 ter, infatti, si aggiunge una nuova previsione che va a novellare il comma 2 di detto articolo. Infatti, con essa “(il giudice) prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori, in particolare qualora raggiunti all’esito di un percorso di mediazione familiare”.
Inoltre, vi è una norma -che arricchisce il disegno organico di riforma della normativa che riguarda il diritto delle persone e della famiglia-, il nuovo articolo 473 bis.10, collegato al nuovo art. 473 bis.22, che nell’ambito dedicato alla mediazione familiare, ha la finalità di consentire al giudice di adottare le decisioni migliori nell’interesse dei figli quando devono essere assunti provvedimenti urgenti e temporali.
Infatti, “…Il giudice può, in ogni momento, informare le parti della possibilità di avvalersi della mediazione familiare e invitarle a rivolgersi a un mediatore, da loro scelto tra le persone iscritte nell’elenco formato a norma delle disposizioni di attuazione del presente codice, per ricevere informazioni circa le finalità, i contenuti e le modalità del percorso e per valutare se intraprenderlo. Qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 473-bis.22 per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli”.
Tale procedura non è sempre applicabile, infatti, la norma ne prevede la inapplicabilità quando v’è violenza di genere o domestica. Come previsto dall’art. 473 bis.43 il divieto d’intraprendere un percorso di mediazione familiare quando è stata pronunciata una sentenza di condanna per violenza familiare o di genere o il relativo processo è in corso; e se la mediazione familiare è già stata avviata, ma nel corso della stessa emergono notizie di violenza domestica o di genere, il mediatore è tenuto a interrompere immediatamente il percorso intrapreso.
Ma cos’è la mediazione familiare e quali i risvolti pratici.
La mediazione familiare oggi non è ancora compiutamente disciplinata a livello normativo, ma si è già affermata come un’ottima soluzione a disposizione dei coniugi per risolvere la crisi familiare al di fuori del Tribunale.
Con l’intervento di un mediatore familiare coniugi hanno, sul piano pratico, un primo beneficio consistente nella possibilità di decidere loro stessi il contenuto dell’accordo di separazione, senza rimettersi alle decisioni di un giudice terzo.
Le spese per la mediazione familiare, come per quella civile, comporta senza dubbio costi minori -peraltro anche detraibili dalle tasse- rispetto i costi complessivi necessari per rivolgersi ai legali. Inoltre, anche i tempi sono ridotti, in quanto, nella maggior parte dei casi, nella mediazione sono sufficienti poche sedute, da tenersi nell’arco di alcuni mesi.
In materia occorre evidenziare che, ad oggi, non c’è una legge che disciplini in maniera compiuta la mediazione familiare. Al mediatore familiare si fa riferimento in alcune parti del Codice civile, ma il procedimento di mediazione familiare non ha un iter predefinito da seguire. Quand’anche vi siano attualmente progetti di legge che definiscono la figura del mediatore familiare e il procedimento da seguire.
A differenza della mediazione civile e commerciale, inoltre, la mediazione familiare non è mai prevista come obbligatoria, ma può essere attivata su decisione spontanea delle parti o su invito del giudice.
Nonostante ciò, la mediazione familiare si è già rivelata una soluzione vantaggiosa ed assai diffusa in tutta Italia, in quanto la crisi familiare viene affrontata in un contesto meno conflittuale rispetto a quanto avviene in un’aula di Tribunale. Il mediatore familiare può proporre soluzioni che ritiene più idonei a regolare i loro rapporti, una volta intervenuta la separazione ed eventualmente anche il divorzio. I coniugi saranno accompagnati in un percorso di dialogo per quanto possibile pacifico e proficuo, in cui gli stessi, indirizzati dal mediatore, potranno far emergere le proprie esigenze e i propri punti di vista, in vista dell’accordo conclusivo.
Tra i compiti del mediatore familiare, ovviamente, oltre a quello di favorire il dialogo tra i coniugi, c’è quello di elaborare una proposta di accordo da sottoporre agli stessi, in cui siano previste le modalità di gestione delle reciproche esigenze, privilegiando ovviamente quelle che riguardano i figli, ove presenti.
Con la riforma Cartabia si è avviato un nuovo corso -La mediazione familiare- certamente più idoneo per la gestione di una crisi di coppia o di una crisi familiare; strumento che può favorire, sotto la guida discreta e professionale di una figura esperta nel settore, come il mediatore familiare, un avvicinamento collaborativo e meno conflittuale dei coniugi alla risoluzione della controversia.